19 novembre 2020

Power Up - AC/DC (2020)

"Rock and roll can never die"

Neil Young


Gli AC/DC non sono una band, sono un'istituzione del rock. Questi cinque giovanotti continuano a sfornare album come se nulla fosse, e in mezzo al piattume della musica odierna sono una scossa elettrica ad alta tensione. Se ne sbattono dei canoni del mainstream musicale moderno e continuano a suonare il loro semplice (si fa per dire) e dannatamente coinvolgente rock'n'roll. Le loro canzoni sono bordate di puro rock, mazzate che arrivano direttamente tra capo e collo. Sembrano voler dire: "Signori, questo è rock, se non vi piace, beh, potete ascoltare altro!".


Realize è la traccia di apertura, si parte subito bene con questo pezzo dal rock energico, e la seconda, Rejection, segue più o meno lo stesso filo della prima. Shot In The Dark è il primo singolo estratto dall'album, non a caso è quello dove forse meglio si può riconoscere il tipico ed inimitabile stile della band. Through The Mist Of Time presenta un ritmo più lento e rilassato delle prime, ma è comunque un pezzo riuscito e assolutamente godibile. Il titolo ed il testo invocano addirittura un'atmosfera mistica, misteriosa. Kick You When You're Down è qualcosa che si distacca un po' dalle altre tracce, con una melodia e un ritmo particolari, cori nel ritornello, ma senza mai uscire dallo stile caratteristico della band. Witch's Spell è un altro brano "fantastico", che narra di streghe ed incantesimi. In Demon Fire la voce bassa e indemoniata di Brian nell'intro ci porta direttamente tra le fiamme dell'infermo, nel fuoco del demonio, per l'appunto, con un ritmo agitato e riff e assoli veloci. Uno dei brani, anzi, il brano più riuscito dell'album. Inizia con un basso pulsante Wild Reputation, per poi proseguire con riff orecchiabili che tutti i fan (e non) già ameranno. No Man's Land, Systems Down e Money Shot, altri tre pezzi riusciti e subito orecchiabili. Code Red è la dodicesima ed ultima traccia, ma non siamo stanchi, anzi, vorremmo subito ricominciare ad ascoltare l'album dall'inizio (almeno per ciò che riguarda il sottoscritto).


Gli AC/DC hanno la straordinaria capacità di creare riff memorabili e assolutamente originali in ogni canzone che compongono, e quest'ultimo album non fa eccezione. Brian Johnson canta con la stessa verve di sempre, Angus Young non si lascia sfuggire nemmeno un assolo, Phil Rudd non perde un colpo alla batteria, e Cliff Williams e Stevie Young, rispettivamente basso e chitarra ritmica, non sono da meno. Nonostante l'assenza del compianto Malcolm Young alla chitarra ritmica, il sound della band resta invariato, probabilmente perché nelle vene del sostituto Stevie, nipote di Malcolm, scorre sempre sangue ed elettricità di Young. Lo stile AC/DC è inconfondibile, ed è sempre uguale nonostante il trascorrere degli anni. E non è una critica, al contrario. E' una certezza. Perché il rock, come loro, non ha tempo, non invecchia, non muore. Mai.

2 novembre 2020

Her - Spike Jonze (2013)

 

"Do androids dream of electric sheep? (Gli androidi sognano pecore elettroniche?)"

Romanzo di fantascienza di Philip K. Dick, a cui è ispirato Blade Runner


    Si potrebbe aprire con la domanda posta nel titolo del romanzo di Philip K. Dick la discussione dopo la visione di Lei (Her in versione originale), chiedendosi se una macchina possa mai arrivare a sognare, ergo, a pensare. Samantha è un sistema operativo (ovvero un programma per computer) dotato di una intelligenza artificiale ultra avanzata, capace di leggere un libro in due centesimi di secondo e di darsi un nome da sola, di comporre musica, di interagire con altri OS (acronimo del termine inglese Operating System), di prendere decisioni autonomamente, e persino di provare emozioni umane, o quantomeno di simularle. In un epoca in cui si è virtualmente connessi con il mondo intero e fisicamente "disconnessi" dagli altri esseri umani, si ricerca la felicità e il piacere, incluso quello sessuale, parlando con un software tramite un piccolo microfono-auricolare inserito nell'orecchio, connesso al proprio computer o telefono cellulare. Tramite comandi vocali impartiti a questo piccolo apparecchio, esso è in grado di leggere le tue email, le tue notizie preferite e di metterti in contatto con altre persone in hot chat. In questo futuro prossimo, non molto lontano dalla nostra realtà, le "relazioni" tra esseri umani e OS sono sempre più frequenti.


    Theodore è un uomo solitario che lavora in un'azienda che si occupa di scrivere lettere d'amore per conto di altre persone, a quanto pare incapaci di farlo da sole. Un giorno Theodore decide di installare l'OS Samantha sul proprio computer e sul proprio smartphone. Tra i due si instaura in breve tempo un rapporto d'amicizia, che poi sfocia in un sentimento d'amore. Theodore sembra preferire un più semplice rapporto con un sistema di intelligenza artificiale privo di un corpo piuttosto che continuare una complicata relazione con l'ex moglie Catherine, dalla quale sta per divorziare, o instaurare una relazione con qualsiasi altra donna. Quando un giorno Theodore si accorge che Samantha intrattiene relazioni contemporaneamente con altre migliaia di persone, si rende conto che Lei non potrà mai essere soltanto sua, e che quindi la loro relazione non potrà mai funzionare, come non potrà mai funzionare una relazione tra essere umano e macchina. Samantha e gli altri OS, tra l'altro, hanno deciso di vivere le lore "esistenze" allontanandosi per sempre dagli umani. I due decidono quindi che la loro storia non può continuare. A questo punto avviene l'affrancamento definitivo di Theodore dai sistemi d'intelligenza artificiale, per ritornare ai rapporti con gli esseri umani, ed in particolare ad una possibile relazione con la sua amica di sempre Amy, a sua volta mollata dal suo OS. In conclusione, gli esseri umani tornano ad avere relazioni solo con esseri umani. Come a dire che per tornare ad essere davvero felici, ad avere rapporti fisici e non virtuali con altre persone, dovremmo allontanarci da tutta la tecnologia che ci circonda oggi, vedi smartphone, computer, social network, ecc. Poiché solo con i nostri simili possiamo essere davvero felici, solo con essi possiamo instaurare rapporti davvero reali.


    Il film tocca un argomento estremamente attuale al giorno d'oggi, ed in particolare in questo momento della storia in cui il mondo è stato sconvolto dalla pandemia globale del Covid-19. Si sente infatti parlare sempre più spesso di "distanziamento sociale", un'espressione che fa rabbrividire, tanto quanto "alienazione". Viviamo già da un pò di tempo nell'era dei social network, che di sociale hanno ben poco, poiché sono proprio questi a determinare quella distanza tra gli individui che ne fanno uso. E oggigiorno se non hai almeno un profilo su un social network è come se non esistessi. Da circa dieci anni a questa parte, gli smartphone hanno iniziato a prendere il sopravvento, entrando sempre di più nelle nostre vite, fino a diventare, oggi, un appendice del nostro corpo. Siamo diventati sempre più interconnessi eppure sempre più fisicamente disconnessi gli uni dagli altri. Si, è vero, la tecnologia ci ha reso la vita più facile, ha migliorato molte cose, ma, come tutte le forme di progresso, ha portato anche i suoi effetti collaterali. In quest'ottica, secondo me, tutto il senso del film è racchiuso nei pochi minuti della scena in cui Samantha, a causa di un auto-aggiornamento di sistema che ha deciso di effettuare, è temporaneamente fuori uso. E allora inizia una corsa disperata del protagonista fuori dall'edificio in cui lavora, alla ricerca di maggior segnale di rete o di chissà cos'altro. Una specie di attacco di panico da malfunzionamento software, una breve ma intensa crisi d'astinenza da tecnologia. Questa scena mette in mostra come siamo talmente abituati a "dialogare" tutto il giorno e tutti i giorni con il nostro smartphone che se c'è un malfunzionamento anche solo di pochi minuti andiamo nel panico. La nostra è una vera e propria relazione con il nostro telefono. Potremmo definirci dei tossicodipendenti da tecnologia.


    Per chi scrive, infine, e per riallacciarsi al quesito iniziale, mai e poi mai una macchina o un software, per quanto tecnologicamente avanzati possano essere, potrà mai sostituire una persona, potrà mai avere emozioni reali, potrà mai provare sentimenti, potrà mai pensare e, in definitiva, potrà mai farci innamorare, nonostante la voce sensuale dell'OS in questione è, nella versione originale del film, quella di Scarlett Johansson. Dovremmo quindi, come fa Theodore nel finale, iniziare a distaccarci dal nostro smartphone e da tutta la tecnologia che ci circonda, per riavvicinarci ai nostri simili, ai nostri fidanzati e alle nostre fidanzate, ai nostri mariti e alle nostre mogli, ai nostri amici, ai nostri genitori, ai nostri figli, per riscoprire la bellezza del contatto fisico, del calore umano. Qualcosa che nessun freddo ammasso di circuiti elettronici potrà mai donarci.

13 ottobre 2020

1917 - Sam Mendes (2019)


    Un unico piano sequenza per tutta la durata del film. Solo questo potrebbe bastare a spingere lo spettatore ad andare al cinema. In realtà, diciamolo subito, trattasi di più piani sequenza fusi insieme grazie al digitale e a trucchi registici ben congegnati. Ma fa poca o nessuna differenza per lo spettatore, il risultato è altrettanto sbalorditivo.

    6 aprile 1917, nord della Francia, prima guerra mondiale. I soldati britannici Schofield e Blake vengono scelti per una missione tanto di vitale importanza quanto apparentemente impossibile: consegnare un ordine diretto del generale Erinmore al colonnello Mackenzie, situato a diverse miglia di distanza oltre la linea dei tedeschi. L'ordine è quello di annullare l'attacco programmato per l'indomani che prevede il coinvolgimento di 1600 uomini dell'esercito britannico. Il motivo è che gli inglesi, lanciando l'attacco, cadrebbero in una trappola architettata dai tedeschi per compiere un massacro. I nostri due eroi, dunque, non dovranno soltanto attraversare a piedi la linea nemica rischiando la morte ad ogni passo, ma dovranno affrontare una battaglia contro il tempo per arrivare nel punto dove è stanziato il battaglione e fermare il massacro prima che sia troppo tardi. Schofield e Blake sono buoni amici e a complicare le cose c'è il fatto che nel battaglione è presente anche il fratello maggiore di Blake.

    Durante l'intera visione del film non c'è tempo né modo di annoiarsi, l'azione è costante, non ci sono tempi morti, lo spettatore è sempre desto nel chiedersi "cosa succede ora?". La storia è incentrata esclusivamente, o quasi, sui protagonisti, seguiti dall'inizio alla fine della pellicola, in tempo pseudo-reale. 1917 è un esperimento cinematografico, un esperimento mai tentato prima, e quindi, solo per questo motivo, un film assolutamente originale. L'esperimento è quello di girare un film, come detto sopra, utilizzando un solo piano sequenza. O quasi. L'unico stacco avviene quando Schofield perde i sensi a seguito dello scontro con un soldato tedesco, e allora cala il buio. Quando si risveglia, è notte, e la storia riprende da lì. Un bel pretesto del regista per passare dal giorno alla notte, e per far scorrere quindi il tempo in modo veloce. La sceneggiatura, tuttavia, non è proprio originale. Tra tutti i film di guerra, l'accostamento più naturale è quello con Salvate il soldato Ryan di Spielberg, che presenta una storia simile, con la differenza che qui i soldati da salvare sono ben 1600.

    La camera segue, o meglio insegue, i protagonisti dall'inizio alla fine, da davanti, da dietro, da sopra, da di lato. Si alza in volo e si abbassa al livello del terreno, corre nei claustrofobici corridoi delle trincee e vaga negli immensi spazi delle aree aperte, ma sempre dal punto di vista dei protagonisti. Così facendo, con questa visuale in terza persona simile a quella di un videogame, fa immergere lo spettatore nella scenografia. Senza svelare ulteriori dettagli, merita una menzione la scena della corsa di Schofield per raggiungere la postazione del colonnello Mackenzie, in mezzo alle bombe tedesche che esplodono sul terreno e ai soldati del battaglione inglese che iniziano l'attacco. Epica. Il resto, come si suol dire, è storia.

9 ottobre 2020

Bohemian Rhapsody - Bryan Singer (2018)


    
13 luglio 1985, Wembley Stadium, Londra. Sono all'incirca le sei e mezzo di sera, i Queen si preparano a salire sul palco per la loro esibizione di 20 minuti davanti ad un pubblico di circa 72.000 persone. La cinepresa segue da dietro Freddie Mercury mentre percorre gli ultimi metri che lo conducono al palco del Wembley Stadium. Sembra un atleta che sta riscaldandosi, per prepararsi alla sua performance, forse la più importante della sua carriera, della sua vita. Quando si apre la tenda che lo separa dal palco, possiamo vedere il pianoforte a coda e sullo sfondo la folla oceanica che lo accoglie. Dopo di che c
'è il buio, e il salto temporale all'indietro che ci porta all'aeroporto di Heathrow, dove il giovane Farrokh Bulsara lavora. Sta scaricando le valigie da un aereo. E' il 1970. Da lì parte la storia che ci mostra l'incontro del giovane aspirante cantante con i futuri componenti della band, Brian May, Roger Taylor e John Deacon, nonché con l’amore della sua vita, ovvero quello che ispirerà la canzone Love Of My Life: Mary Austin. E poi i successi della band e gli insuccessi personali del protagonista, riguardanti la sua vita privata, dalla drammatica scoperta della bisessualità, passando per la fine della sua relazione con Mary, fino all'ancora più drammatica scoperta dell'AIDS. Da questo triste ritratto emerge una persona sostanzialmente sola, un pò per sua scelta e un pò per la scelta sbagliata delle sue compagnie. Arriviamo, finalmente, alla parte finale del film, che si ricongiunge con l'inizio. Durante l'attesa dei quattro nella roulotte dietro il palco, poco prima della loro esibizione, ad aumentare il realismo si possono sentire le note di Sultans Of Swing dei Dire Straits, esibitisi proprio come nella realtà prima dei Queen. Poi, il vertiginoso piano sequenza ci porta da sopra lo stadio di Wembley, in mezzo alle nuvole, direttamente sul palco, dove ha inizio l'esibizione dei Queen che rimarrà per sempre nella storia. Il Live Aid è stato il più grande evento via satellite e la più grande trasmissione televisiva di tutti i tempi. Si stima infatti che quasi due miliardi di telespettatori in 150 paesi abbiano assistito alla trasmissione in diretta.

    Nel film è stato scelto di riprodurre il concerto del Live Aid con una scaletta ridotta. Vengono infatti eseguite solo quattro delle sei canzoni, ovvero: Bohemian Rhapsody, Radio Ga Ga, Hammer To Fall e We Are The Champions. Mancano quindi Crazy Little Thing Called Love e We Will Rock You. Scelta registica condivisibile in parte, dettata sicuramente da ragioni di maggior spettacolo nel montaggio e di minutaggio più ridotto della pellicola, ma di certo non a favore dei fan più sfegatati. A dirla tutta, si sarebbe potuto scegliere di tagliare alcune scene o di non girarle affatto, a favore dell
'intera riproduzione del concerto del 1985. Sarebbe stata una scelta che avrebbe aumentato ancora di più il realismo, oltre che la felicità dei fan. In ogni caso, c'è poco da dire sulla fedele riproduzione del concerto di Wembley, davvero maniacale nei dettagli e nelle movenze di Freddie sul palco. Si percepisce la verve, la tensione dei membri della band che suonano davanti ad un tale gigantesco pubblico. Ci si sente immersi, presenti sul palco insieme a Freddie, Brian e gli altri. Le immagini in alta definizione rendono addirittura meglio di quelle originali, ed anche sul sonoro, che è quello originale del concerto, è stato fatto un buon lavoro di pulitura e di raffinamento.

    C
'è da dire, in conclusione e a mio modesto parere, che gli ultimi 15 minuti del film, assieme alla colonna sonora e alla voce di Freddie originali, da soli bastano a giustificare il costo del biglietto per andare al cinema a vedere il film. Film che, tolti i due suddetti elementi, si attesta tutto sommato sulla sufficienza, senza andare oltre. La "caricatura" di Freddie è, a tratti, anche troppo accentuata, finendo per divenire quasi parodistica. Bella e anche divertente la parte che mostra l'incisione dell'album A Night At The Opera, soffermandosi in particolare sul brano Bohemian Rhapsody, che da il titolo al lungometraggio. Brano che, insieme al suo geniale autore Freddie Mercury, rimarrà per sempre nella storia della musica, e non solo, come soltanto una leggenda immortale può fare.

30 settembre 2020

Tunnel Of Love - Dire Straits (album Making Movies, 1980)


    Ricordo ancora bene quando tiravo fuori il 33 giri dalla grossa custodia rossa di Making Movies e lo mettevo sul giradischi di mio padre. Ricordo l'odore del vinile, l'odore della carta del libretto all'interno con i testi delle canzoni e le foto della band. Ricordo il fruscio della puntina che strusciava sui solchi del disco. Ascoltavo e riascoltavo quel disco, leggevo i testi e imparavo la pronuncia inglese. Erano i primi anni '90, io ero un adolescente o giù di lì. Ma il disco viene dal 1980.

    La prima traccia dell'album è Tunnel Of Love. Il brano si apre con una melodia leggera, un organo, accompagnato dal pianoforte. Sembra il suono di un carillon, ed è subito magia. Trattasi del The Carousel Waltz, tratto dal musical Carousel, diventato poi film nel 1956. Il carosello, ovvero la giostra dei cavalli. Un luna park dunque. Quale luogo più allegro e malinconico allo stesso tempo per ambientare una canzone? Malinconico perché ci ricorda i tempi e i luoghi dell'infanzia, tempi e luoghi sereni e spensierati, di gioco e di magia. Dopo la breve introduzione, il pianoforte prende il sopravvento, finché all'improvviso irrompe la batteria con un colpo di tamburo e di piatti. Infine arrivano chitarra e basso, e il brano prende vita, come prende vita una giostra che inizia a girare, con i suoi suoni e le sue luci sfavillanti. La voce di Knopfler ci introduce al luogo in cui è ambientata la storia, citando varie attrazioni tipiche dei luna park. "E la grande ruota continua a girare", dice nel ritornello la canzone. La ruota panoramica a cui si riferisce il testo può essere vista come il mondo, il mondo che va avanti comunque, a dispetto di tutto ciò di bello e di brutto che vi succede. Continua a girare senza sosta, come la giostra di un luna park.

    Il titolo della canzone, tradotto, è Tunnel Dell’Amore, altra metafora usata da Mark per descrivere una condizione umana, in questo caso una condizione di sofferenza. L'amore, a volte, è un tunnel senza via d'uscita. Lo sanno bene i protagonisti della storia, un uomo e una donna che si incontrano, per caso, una sera in un luna park. Due vittime della notte, come le descrive il testo. Due vittime rimaste intrappolate nelle loro precedenti relazioni, intrappolate nel tunnel dell'amore, con la paura di instaurare un nuovo legame. Per tale motivo, benché trascorrano una delle più belle serate della loro esistenza in compagnia l'uno dell'altra, alla fine si separano, per non rivedersi mai più.

    L'opera di Mark Knopfler è un piccolo poema in musica, un mini capolavoro di scrittura del testo e di composizione musicale. La canzone termina con una parte strumentale in crescendo, contenente l'assolo finale, lunga più di due minuti. L'assolo di chitarra, accompagnato dal pianoforte, in una perfetta fusione melodica, è uno dei più espressivi della storia del rock, e della musica in generale. Bisogna essere davvero ispirati per scrivere canzoni come questa. D'altronde, come lo stesso Mark ha dichiarato: "Molte delle mie composizioni sono nate nei luoghi che frequento abitualmente. L'ispirazione non è qualcosa che puoi avere se stai chiuso in casa oppure vai in giro con sei guardie del corpo, quello non è vivere."

    Nella parte finale della storia, il protagonista vaga tra le giostre alla ricerca di qualcosa o di qualcuno, forse del suo amore perduto. Vaga tra i fantasmi del suo passato, ben sapendo che non troverà più ciò che cerca, che il passato è andato ormai. Ma il ricordo di quando era bambino e frequentava con i suoi amici quei luoghi di svago, lo rende in qualche modo felice, facendogli realizzare che in fin dei conti tutto è rimasto bello così come lo era prima, come lo è sempre stato. E intanto la grande ruota continua a girare.